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La pandemia, il conflitto russo-ucraino e l’evoluzione regolamentare sulle tematiche ESG hanno avuto importanti impatti sulle supply chain. La dipendenza dal punto di vista energetico dalla Russia, le energie rinnovabili e la necessità di modificare il mix energetico si è riflesso in un aumento dei costi dell’energia. I lockdown, la crisi dei semiconduttori prima e la crisi del grano oggi hanno determinato carenze in termini di materie prime. La Brexit, il blocco del canale di Suez e la mancanza dei container hanno determinato delle interruzioni nella logistica. Il fenomeno della Great Resignation, le restrizioni in termini di flussi migratori e la concentrazione di competenze in alcune aree geografiche hanno determinato delle carenze sul mercato del lavoro. Infine, la sempre maggiore attenzione ai temi della sostenibilità e agli obiettivi ESG richiede una profonda trasformazione della logistica e delle supply chain.

La crisi energetica ed il tema dell’autonomia energetica

In Europa, Italia e Germania hanno il più alto tasso di dipendenza energetica proveniente da altri paesi. Nella composizione delle fonti energetiche di Italia e Germania le fonti green rappresentano meno del 20% del totale e la quota di energia proveniente da combustibili fossili è importata da altri paesi (per il 63% per la Germania, per il 73% per l’Italia). In media l’Europa importa più del 40% di gas naturale e petrolio dalla Russia. Questa situazione fa sì che l’incremento del prezzo dell’energia e la dipendenza del gas dalla Russia rappresentino oggi più che mai un problema, poichè questi aumenti si scaricano direttamente sulla supply chain in termini di maggiori costi di produzione e costi di trasporto, soprattutto in quei settori energivori (come ad esempio quello della catena del freddo).

La carenza di materie prime mette in difficoltà la ripresa economica

A livello globale, le materie prime risultano particolarmente concentrate in paesi al di fuori dall’Europa, soprattutto in Asia. Il conflitto russo-ucraino sta determinando delle criticità sull’approvvigionamento di ben 35 tipologie di materie prime strategiche per la produzione. In particolare, la Russia contribuisce in maniera importante al fabbisogno globale di platino, titanio e nichel. Per le circostanze attuali, a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, questa dipendenza desta particolare preoccupazione. Il conflitto sta determinando forti criticità anche sulla disponibilità di grano in quanto la Russia e l’Ucraina controllano circa il 29% delle esportazioni a livello globale, con conseguenti implicazioni per l’alimentazione dell’intero pianeta. La carenza di componentistica proveniente dall’Ucraina, inoltre, sta mettendo a rischio il 15% della produzione automobilistica europea.

La concentrazione delle materie prime è un problema che non si può risolvere solo tramite strategie di nearshoring, ma è necessario lavorare su due leve:

  • creare centrali di acquisto per migliorare l’approvvigionamento dei fornitori
  • attivare logiche di economia circolare

Inoltre, l’indisponibilità di materie prime sta impattando sulla dinamica dei prezzi dei metalli: in particolare, nichel, rame e acciaio sono quelli che sono cresciuti maggiormente, praticamente raddoppiati nell’ultimo triennio.

A questa situazione si aggiunge il ridotto bilanciamento dei flussi di andata e ritorno per tratta (da Est verso l’Europa e viceversa) con la polarizzazione della disponibilità container in poche aree del mondo.

Le interruzioni della logistica: ‘no-normal is the new normal’

Non c’è solo un problema di carenza di materie prime, ma anche interruzioni nella logistica, che con la pandemia ha subito un considerevole incremento dei costi di trasporto e disservizi connessi ai tempi di consegna. Negli ultimi due anni il prezzo medio di un container marittimo è aumentato del 700% ed i tempi di consegna sono aumentati del 200%. Il problema, ulteriormente accentuato dagli shock della pandemia, è, tuttavia, strutturale:

  • monopolio degli operatori logistici
  • riduzione della produzione dei container negli ultimi anni da parte delle compagnie marittime, in quanto la logistica è vista più come un fattore di costo che una fonte di servizio
  • congestionamento dei porti con ridotta capacità di gestione dei flussi

Carenza di talenti: un tema di mindset e skills

L’indice di carenza di manodopera evidenzia la situazione di particolare criticità in cui si trova l’Italia, il cui deficit è attribuibile in primo luogo, alla riduzione dei flussi migratori del 30%, conseguente ai blocchi imposti dalla pandemia, che contribuiscono alla disponibilità di manodopera, specialmente ai livelli più bassi. In aggiunta, oltre al tasso di disoccupazione (8%), c’è un’alta quota (12%) di persone che non stanno attivamente cercando lavoro oppure che non hanno le skills adeguate per inserirsi nel mondo del lavoro. Rispetto a questo tema in Italia 2,6 milioni di persone hanno rinunciato a lavorare.

Ad oggi ci sono numerose posizioni aperte in diversi settori, soprattutto in quello dell’healthcare & social work, turismo & food service e servizi professionali.

Per provare a mitigare i problemi tra domanda e offerta di lavoro, il Recovery Fund ha stanziato ingenti investimenti per sviluppare le competenze richieste dal mercato del lavoro.

Sostenibilità: è tempo di agire

La crescente attenzione verso le tematiche di sostenibilità ambientale è supportato da una sempre più stringente normativa nazionale ed europea:

  • Agenda 2030 promossa dalle Nazioni Unite, che ha approvato la Global Agenda for Sustainable Development Goals.
  • New Corporate Sustainability Reporting Directive attiva da gennaio 2023 che, tra i principali cambiamenti, prevede la valutazione della strategia ESG lungo tutta la Supply chain
  • ESG Financing abilitati dal PNRR - MISSION 2 ‘Green Revolution & Ecological transition’
  • Inasprimento della normativa in tema di tasse per limitare l’utilizzo della plastica

Dal punto di vista della supply chain risulta fondamentale analizzare le emissioni di CO2. Dei 3 ambiti, quello legato alle emissioni dirette, quello legato all’elettrificazione del modello industriale, e quello legato alle emissioni indirette, il terzo è da tenere maggiormente sotto controllo, in quanto contribuisce in maggior misura alle emissioni. Inoltre, quest’ultimo per essere economicamente sostenibile richiede di ragionare in ottica di economia circolare e di ripensare in generale alle logiche ed ai modelli delle supply chain.

I risultati della survey

KPMG insieme alla Camera di Commercio Italo – Tedesca ha condotto una survey su un campione di circa 130 aziende (91% italiane e 9% tedesche) per comprendere la loro percezione rispetto alla gestione delle supply chain, al ruolo della sostenibilità nelle catene di approvvigionamento, ai cambiamenti dei modelli della supply chain, all’evoluzione dei rapporti commerciali tra Italia e Germania e alle fonti energetiche.

Dall’indagine emerge che il 31% delle aziende ritiene necessario aumentare la trasparenza nella catena del valore e nella gestione dei dati ed il 52% non ha un sistema efficiente di risk management.

Inoltre, per il 66% del campione il cambiamento climatico impatta sulla supply chain, soprattutto sui tempi di consegna e sull’aumento dei costi dei fornitori, e per il 42% la sostenibilità è il principale driver nella scelta dei fornitori, che viene monitorata attraverso terze parti certificate, KPI, questionari e visite on-site.

Per le aziende le principali strategie per ridurre le emissioni di CO2 vanno dall’efficienza energetica (25%), all’incremento dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (23%), alle partnership con i fornitori (14%), alla circular economy (10%).

Le attuali catene di approvvigionamento non sono adatte ad affrontare le sfide emergenti per il 74% delle aziende intervistate. Le principali minacce per le aziende vengono dall’aumento dei costi dei materiali e dell’energia (63%) e dalla carenza delle materie prime (15%).

Nonostante uno scenario complesso e una forte inerzia a rinunciare ai modelli tradizionali, il 70% delle aziende intervistate sta pianificando nuove partnership con aziende tedesche, comprese le aziende fornitrici.

Sebbene il 47% delle aziende del campione intervistato non ha accesso diretto a fonti di energia rinnovabile, finora il 92% ha mantenuto il livello di produzione nonostante l’impatto della guerra sulla disponibilità di energia. Per il momento, solo il 15% dei fornitori ritiene di adottare prevalentemente fonti energetiche rinnovabili nei loro processi. I settori più critici da questo punto di vista sono il settore lifescience, energetico e chimico.

Come affrontare il cambiamento

È evidente che il modello tradizionale di supply chain non è adatto a gestire le tendenze e le sfide emergenti.

Per superare le interruzioni della catena di approvvigionamento e rafforzare la resilienza di tutta la filiera occorre una strategia di cambiamento che agisce su quattro layer:

  1. all’interno dell’azienda
  2. nell’ecosistema industriale
  3. mediante le collaborazioni Pubblico - Privato
  4. nella partnership tra Italia e Germania

Non tutte le risposte ai problemi e alle disruption che si stanno verificando (di natura strutturale e geopolitica) possono essere affrontate all’interno dell’azienda ma per essere efficaci occorre estendere l’analisi anche all’ecosistema in cui l’azienda opera e alle politiche nazionali e internazionali.

1. Far evolvere la supply chain all’interno dell’azienda

L’azienda deve evolvere puntando sull’automazione e la digitalizzazione, riportando le produzioni off-shore nel paese di origine (reshoring) o in paesi più vicini (nearshoring), passando ad un modello ‘just-in-case supply chain’, attraverso approvvigionamenti strategici presso supply chain critiche, diversificando le fonti di approvvigionamento dei prodotti, integrando pianificazione e logistica, portando innovazione di prodotto e di servizio, mediante una gestione multi/omni canale.

2. Puntare sull’evoluzione dei distretti e degli ecosistemi industriali

In questo ambito le direttrici su cui attivarsi sono tre:

  • supply chain equity, con innovation lab per potenziare l’innovazione, academy specializzate per aumentare know-how e competenze, standard e certificazione ESG della supply chain in ottica sostenibilità
  • interconnessione della supply chain, attraverso piattaforme di acquisto e logistica per aumentare l’efficienza, processi digitalmente connessi, desk di supply chain internazionali per aumentare l’attrattività
  • crescita sostenibile, mediante strategie di M&A ed investimenti e politiche di founding dedicate per il finanziamento

3. Aumentare la collaborazione tra pubblico e privato

Le collaborazioni pubblico-privato attraverso la creazione di hub di innovazione che aggrega Governo e Istituzioni pubbliche, università, sistema finanziario, aziende, fornitori e nuovi entranti (tra cui start-up, PMI innovative e centri di ricerca) possono contribuire all’evoluzione delle supply chain soprattutto in termini di iperspecializzazione, innovazione, tracciabilità, sviluppo di competenze strategiche, autonomia energetica e modelli di economia circolare.

4. Rafforzare le relazioni tra Italia e Germania

Le relazioni Italia e Germania sono già molto forti in settori chiave dell’economia, come l’automotive, la manifattura, la meccanica, il lifescience, il food & beverage, il chimico. Per potenziare questo modello collaborativo occorre promuovere i progetti di piattaforma nelle supply chain per aumentare l'esportazione dei prodotti, rafforzare le infrastrutture logistiche con l’obiettivo di creare dei ‘fast corridors’, creare centri di eccellenza specializzati per sviluppare metodologie innovative e formare risorse competenti, promuovere programmi di scambio per sviluppare il know-how.

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