La direzione della transizione energetica verso forme di energia pulita in Italia è chiara ed ormai tracciata da tempo. Il nuovo modello energetico del Paese nel lungo periodo sarà fondato prevalentemente sulle energie rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, bioenergie, eolico e geotermico) e sullo sviluppo delle infrastrutture funzionali ad un uso sempre più efficiente dell’energia.

In questo percorso l’Italia da sempre ha mantenuto una posizione di vantaggio rispetto agli altri paesi europei in tema di energie green. Le fonti rinnovabili di energia confermano il ruolo di primo piano nel panorama energetico italiano con una copertura stimata pari ad oltre il 20% dei consumi energetici complessivi rispetto ad un target della Commissione europea fissato al 32% entro il 2030. Rimangono, tuttavia, ancora aperti alcuni temi strutturali necessari per semplificare il funzionamento del mercato (normativa, regolamentazione, processi autorizzativi, ecc.) e provvedere all’adeguamento delle infrastrutture (come le smart grid, i sistemi di accumulo e l’infrastrutturazione della rete elettrica).

Il modello energetico ‘target’ presenta ulteriori fattori caratterizzanti volti a ridurre l’impatto ambientale, come ad esempio:

  • la diffusione di sistemi finalizzati ad incrementare l’efficienza nei consumi;
  • la crescente elettrificazione dei consumi energetici integrata con altre forme di energia a basso impatto ambientale (biogas, idrogeno);
  • lo sviluppo delle comunità energetiche, vale a dire associazioni tra cittadini, attività commerciali, autorità locali o imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di impianti per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.

La pandemia, la corsa alle emissioni zero entro il 2050 e gli strumenti di finanza agevolata messi a disposizione dal PNRR nell’ambito del Green Deal europeo hanno rappresentato un ulteriore fattore di accelerazione della transizione verso un nuovo modello di sviluppo energetico a basse emissioni.

La situazione geopolitica e la crisi russo-ucraina come elemento di incertezza nel percorso di transizione energetica

Nel percorso di transizione energetica il gas è considerato la soluzione ‘ponte’, uno dei vettori energetici che dovrebbe garantire il passaggio da un modello energetico fondato sui combustibili fossili ad un modello energetico a basse emissioni, basato prevalentemente su fonti di energia green ed in grado di realizzare, in questo modo, la transizione energetica del Green Deal europeo.

È evidente che la crisi russo-ucraina e le possibili interruzioni delle forniture di gas russo portano una serie di elementi di incertezza nel percorso di transizione con possibili impatti sulla sua dinamica.

Il tema è molto rilevante per il nostro Paese perché l'Italia importa quasi tutto il gas che consuma (circa 73 miliardi di metri cubi di gas), di cui il 40%, quasi 30 miliardi di metri cubi, dalla Russia. Inoltre, la maggior parte della nostra produzione elettrica nazionale avviene attraverso centrali a gas.

Se è vero che il paradigma, il nuovo modello energetico fondato su energie pulite, oggi, non sembra essere in discussione, le modalità e le dinamiche per arrivare all’obiettivo potrebbero subire delle deviazioni, più o meno rilevanti, in funzione dell’evoluzione della situazione geopolitica legata all’Ucraina ed ai futuri sviluppi sanzionatori.

Quali alternative per assicurare la continuità delle forniture energetiche?

Una soluzione proposta in queste ultime settimane dalla Commissione europea per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione Europea rispetto forniture del gas russo è rappresentata dal piano RePower EU.

Il piano prevede acquisti e stoccaggi comuni di gas, creazione di una piattaforma europea congiunta per la contrattualizzazione delle forniture di gas con i principali produttori, il maggiore ricorso alle importazioni di GNL, l’attivazione di stimoli per la produzione e l’importazione di biometano e idrogeno, la creazione di sistemi di mutualizzazione dei maggiori oneri sostenuti dai singoli paesi che presentano livelli di dipendenza molto diversa dagli approvvigionamenti verso la Russia.

RePower EU, oltre a rappresentare la risposta alla crisi in atto, potrebbe essere di fondamentale importanza per minimizzare gli impatti lungo la transizione ed i correlati rischi di mancato raggiungimento degli obiettivi climatici.

Tuttavia, lo sviluppo di una strategia e di un modello energetico europeo, richiederà tempo con la conseguente necessità di dover gestire possibili contingenze nel breve e nel brevissimo termine.

In questa fase, per gestire la contingenza il nostro Paese deve trovare in tempi brevi soluzioni per assicurare la continuità delle forniture energetiche e limitare gli impatti negativi sulla produzione industriale.

Per questo verosimilmente si renderà necessaria l’introduzione di alcuni elementi di compensazione. In particolare:

  1. la diversificazione delle aree geografiche da cui il Paese importa gas;
  2. gli investimenti per aumentare l’efficienza energetica facendo leva sugli strumenti di finanza agevolata già previsti dal PNNR;
  3. la riattivazione delle vecchie centrali a carbone in fase di dismissione.

Rispetto alla diversificazione degli approvvigionamenti di gas, il governo italiano, insieme ai big player del settore, in questi ultimi giorni, ha già avviato le azioni finalizzate alla diversificazione degli approvvigionamenti con alcuni rilevanti paesi produttori.

Il ricorso a questi elementi di compensazione dipenderà dalle evoluzioni associate al conflitto russo-ucraino. Un irrigidimento del quadro sanzionatorio ed una sua estensione al gas ed al petrolio potrebbe richiedere un deciso utilizzo di strumenti di compensazione, alcuni dei quali impensabili solo fino a qualche settimana fa, con un’evidente deviazione rispetto al percorso delineato.

M&A e lancio di start-up per la trasformazione dei player dell’energia

L’attuale inaspettato contesto non sembra aver determinato una modifica delle strategie da parte dei principali player di mercato (ad eccezione della necessità di aderire ai divieti previsti dai round delle sanzioni US-EU-G7). Tuttavia, la forte volatilità dei prezzi dell’energia osservata sui mercati rende lo scenario di mercato piuttosto instabile e questo potrebbe portare ad un rinvio di alcuni progetti o alcune azioni di investimento.

Quel percorso che ha visto molti operatori nazionali intraprendere iniziative di trasformazione per ‘cambiare pelle’ nella direzione di un nuovo modello di servizio, potrebbe, dunque, modificarsi: la transizione energetica sta cambiando, infatti, la value chain del settore dell’energia e rende necessario il presidio di fasi, componenti, competenze e tecnologie del tutto differenti dai business tradizionali.

In questa logica osserviamo come lo strumento dell’M&A abbia rappresentato uno degli strumenti maggiormente funzionali ad accelerare l’acquisizione di competenze e tecnologie, anche attraverso l’acquisizione di piccole realtà con un alto contenuto di specializzazione (rinnovabili, efficientamento energetico, tecnologie digitali).

Questa tendenza è confermata anche dai numeri. Nel 2021 nel settore Energy & Utilities in Europa sono state concluse 1.008 operazioni di M&A, contro le 766 del 2020, con un controvalore pari a 106,7 miliardi di dollari lo scorso anno, rispetto ai 98,7 miliardi dell’anno precedente. Anche in Italia il mercato delle fusioni ed acquisizioni nel settore ha avuto una buona performance: nonostante ci siano state solo 78 operazioni (una in più rispetto alle 77 del 2020), il controvalore è salito a 4,1 miliardi di euro contro i 3,2 del 2020.

Tuttavia, lo strumento delle acquisizioni è solo una delle modalità che consente lo sviluppo della value chain e ‘prestano il fianco’ a rischi legati alle fasi di post-deal, soprattutto durante il processo di integrazione.

Dato il contesto di mercato osserviamo un crescente interesse nello sviluppo di start-up innovative attraverso specifiche iniziative di Corporate Venture Building, vale a dire grandi realtà imprenditoriali che creano nuove società, le aiutano a crescere, finanziarsi, raggiungere un livello di maturità manageriale per approdare sul mercato e per essere eventualmente integrate in una fase successiva in base a valutazioni di opportunità.

L’obiettivo è la generazione di nuovi business da sviluppare internamente ovvero co-creare iniziative in una logica di partnership, partendo dallo scouting delle proprietà intellettuali e delle attività che possono avere un impatto importante sul futuro dell’azienda del settore energetico che lancia la start-up.

Il Corporate Venture Building potrebbe diventare un modello di innovazione rilevante nel settore dell’energia soprattutto in un’ottica di medio periodo, affiancandosi allo strumento dell’M&A rispetto al quale presenta indubbi vantaggi: maggiore agilità nell’individuare i percorsi di innovazione, maggiore flessibilità nel configurare il modello di governance e nel selezionare il management, minori livelli di rischio legati all’integrazione, minori impegni di capitale richiesti. Caratteristiche queste che rendono lo strumento particolarmente interessante nell’attuale scenario caratterizzato da grande incertezza.