Verso l’Industria 4.0: serve un reengineering culturale

Verso l’Industria 4.0: serve un reengineering culturale

Nuovi assetti organizzativi, il ruolo dell’ IT, processi di reskill

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Carmelo-Mariano

Partner, Head of Industrial Manufacturing

KPMG in Italy

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verso l’Industria 4.0: serve un reengineering culturale

Non si è ancora compreso il valore abilitante della tecnologia. A esclusione delle grandi organizzazioni, mancano responsabili dei Sistemi Informativi in grado di confrontarsi con l’imprenditore e spesso l’IT è percepito ancora oggi come un centro di costo. Ora con ilPiano Industria 4.0 gli imprenditori che non comprendono il potenziale delle tecnologie e, soprattutto, non iniziano a progettare un percorso per ridisegnare l’azienda in ottica ‘smart’, corrono il rischio di uscire.

La cultura digitale non può essere appannaggio solo dei CIO: bisogna trasmettere il potenziale della tecnologia a tutta l’organizzazione.

C’è chi è convinto che le competenze digitali risiedano all’interno dell’IT, e che quindi il CIO debba guidare la trasformazione e chi, all’opposto, crede sia il business a dover gestire la Digital Transformation, relegando all’IT un ruolo puramente tecnico e marginale.

È necessario un maggiore dialogo tra business e IT e una compartecipazione nel guidare il progetto di cambiamento. Questo significa assumersi i rischi economici e tecnologici, allineando l’IT alle strategie aziendali. Solo in questo modo si può cogliere il vero potenziale dell’innovazione.

Viviamo in un mondo di interconnessioni, occorre ripensare il modo in cui le organizzazioni sono strutturate. E ripensare i modelli organizzativi tradizionali piramidali, abbattere le barriere tra le funzioni, agevolare la formazione di micro-team, dando alle persone maggiore potere decisionale, che stimoli lo spirito imprenditoriale all’interno dell’azienda. Tutto questo richiede uno sforzo comunicativo e di condivisione per assicurare lo scambio di informazioni e il coordinamento nell’organizzazione.

L’azienda deve essere in grado di attrarre o creare un nuovo set di competenze; deve ripensare e calare queste nuove competenze all’interno di un nuovo modello organizzativo e ripensare anche l’organizzazione interna, non più gerarchica e piramidale. E stimolare la formazione di gruppi di lavoro autonomi, coordinati e aprirsi alle collaborazioni. L’innovazione si riesce a cogliere solo se si ragiona in termini di ecosistema, senza ostinarsi a fare tutto con le risorse disponibili all’interno del perimetro della propria azienda.

Per fare cultura bisogna partire dai valori dell’organizzazione, partendo da una leadership che rilanci in maniera forte l’etica aziendale, per creare a valle meccanismi organizzativi e di processo che bandiscano lo scontro di potere tra funzioni. E questo è il paradigma imposto dalle piattaforme digitali che disintermediano la relazione.

Chiaro che bisogna porre in azienda le condizioni di fiducia reciproca tra le persone. Le organizzazioni hanno bisogno di nuovi leader che ci accompagnino in questo cambiamento. Bisogna concretizzare una sorta di reengineering di cultura, valori, assetti organizzativi, processi. Le organizzazioni dovrebbero avere un nuovo Dna.

I leader devono avere le competenze giuste, ma spesso non si sentono adeguati, o pensano di non avere gli strumenti giusti per affrontare il cambiamento. Secondo la Global CEO Outlook Survey 2017 di KPMG, sette CEO di aziende multinazionali su 10 hanno dichiarato di aver iniziato un percorso di reskill per acquisire le nuove competenze digitali: quindi la leadership deve anche avere l’umiltà di mettersi a studiare, tornare ad apprendere questa nuova ‘grammatica digitale’. La leadership deve mettersi in discussione, tornare dietro i banchi di scuola e al tempo stesso imparare a coesistere con situazioni che non rispecchiano più le gerarchie ma ambienti di collaborazione, di interscambio di informazioni. 

 

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